"Vibreranno le Pietre"
Una musica per il viaggio della vita

"Mostrami la Strada"

C'è un ascolto musicale che talvolta ci prende ma ogni volta ci lascia così com'eravamo per poi abbandonarci là dov'eravamo: è la musica da consumare in fretta mentre facciamo altro, mentre ci spostiamo in automobile o quando abbiamo bisogno di riposo mentale. E' un ascolto che è soprattutto di-vertimento, un modo per evadere da una quotidianità troppo mediocre e insopportabile senza l'ausilio di una qualsiasi colonna sonora di fondo. E' tutt'altra cosa la scrittura musicale di Beppe Cantarelli: non ci porta lontano dall'anima in una specie di parco del divertimento dove la regola è sfuggire a se stessi e al mistero di ciò che ci circonda.

Ascoltando le liriche di Cantarelli siamo miracolosamente riportati a casa, a quella casa che è la nostra anima dove ci si ritrova immediatamente a contatto con il mistero del trascendente, di una Presenza appunto che tra-scende, che supera e va oltre ogni nostra attesa e domanda.

Basta lasciarsi andare all'incalzante leggerezza del suo "Sanctus" per cogliere attraverso l'esultanza del coro e degli strumenti il dono di quella Presenza luminosa che ci restituisce a noi stessi, alla nostra profonda umanità abitata dallo Spirito e creata ad immagine di Dio. C'è dunque un segreto che il percorso musicale, quando si tiene lontano dalla banalità e dal desiderio del consenso, svela in modo magico e misterioso. Il segreto del lavoro di Cantarelli è l'invocazione, la domanda di luce e di grazia che troviamo esplicitamente formulata in una lirica limpida e discreta dal titolo: "Show Me The Way" (Mostrami la Strada).

"Mostrami la strada
per sopravvivere e per crescere
attraverso tutti questi cambiamenti.
Dammi la fede
per amare quando c'è cosė tanto odio
dammi la fede per continuare a vivere".


Se c'è un dono di cui abbiamo estrema necessità in questo nostro tempo di progressiva desertificazione dell'anima è che Qualcuno ci apra una strada per sopravvivere a tutti questi cambiamenti che prima ci attraggono e poi ci inaridiscono. Così si fa largo l'intuizione centrale di quella che è la missione di un artista come Cantarelli: ritrovare la strada per rimettersi in cammino come tanti viandanti del terzo millennio.

La musica diventa la colonna sonora di un viaggio, il viaggio dell'anima in questo nostro tempo, dove si fanno tanti viaggi nelle località più esotiche del pianeta ma dove si è persa la possibilità del 'viaggio' inteso come trasformazione di sè e conversione del nostro cuore malato.


"Ascolta l'Anima"

Il viaggio nei secoli medievali faceva abitualmente riferimento a determinati luoghi dove i pellegrini si recavano con l'intensità del desiderio e con immani sforzi fisici ed economici. Così Gerusalemme, Roma, Santiago di Compostela, non sono soltanto luoghi sacri per eccellenza; sono soprattutto le tappe della rinascita, i momenti della conversione e della trasformazione del cuore. Ci si metteva dunque in cammino e si trattava di una decisione grave ed impegnativa a causa delle pesanti condizioni del viaggio stesso.

Era la meta stessa a dare senso a tutto il cammino e alla fatica necessaria. La Via Francigena aveva a che fare con il recupero di una spiritualità cristiana capace di ridare anima ad una vita sociale che rischiava di implodere per le sue stesse contraddizioni interne.

Rimettersi in viaggio ascoltando la musica dell'anima.

Si tratta esattamente di un invito che l'autore Cantarelli rivolge ai suoi ascoltatori nella lirica "Ascolta l'anima":

"Ascolta l'Anima
ti parla col silenzio.
Ascolta e amala
La verità e nel tuo dentro...
Ascolta l'Anima,
mostrami per un giorno l'eternità".


Dal 'vagabondaggio turistico' alla rigenerazione dell'uomo. Così potrebbe essere sintetizzato il nostro tema. Il turismo di massa ha dimenticato il senso profondo del viaggiare: si viaggia ma si resta aggrovigliati attorno al proprio io assetato di dominio. Perchè, in fondo, siamo rimasti un po' nomadi e spesso, quando raccontiamo della vita - e della morte - lo facciamo con parole di viaggiatori. Ci siamo costruiti case, città, sicurezze...ma sentiamo con forza la nostalgia di un altrove. Intorno al Mille, lasciati famiglia e lavoro, fatto testamento e indossate le vesti del "peregrinus", si partiva per Compostela, Gerusalemme o Roma, all'incontro con i segni della presenza di Dio.

Oggi, la situazione è assai diversa, ma la domanda di fondo rimane la stessa: la ricerca, nel viaggiare, di qualcosa che renda ragione del viaggio della vita, che ne faccia intravedere un senso e una meta plausibili.


Vibreranno le Pietre

Qui si colloca la proposta di ripercorrere i luoghi significativi dei viaggi del passato con l'ausilio della musica di Cantarelli che non è altro che una modalità attraverso cui l'artista desidera coinvolgere l'uomo del nostro tempo, credente o non credente che sia, appartenente ad una chiesa oppure orfano di qualsiasi chiesa. Questo fa pensare come, sotto le vesti multicolori che il viaggio ha assunto ai nostri giorni, si celi l'antico abito del pellegrino, la medesima tensione a ricercare un buon motivo per percorrere sensatamente l'itinerario dell'esistenza.

Sulla via dei pellegrini acquistano particolare rilevanza gli edifici sacri. Si tratta di spazi per lo più costruiti con tecniche raffinate in rapporto alla Luce. Spazi dunque che permettono al cielo di manifestarsi. Il Gotico, per esempio, ha le sue derivazioni dal greco "goës" che è la radice di "goetha" che letteralmente significa "magia", "l'essere avvolti". Il gotico è l'arte di "mettere sotto le volte", luogo di passaggio dalla linea diritta a quella curva. La chiesa romanica invece è costruita dall'uomo a misura dell'uomo e per l'uomo. "L'edificio racchiude l'effige del Dio e in questo riparo, attraverso gli spazi aperti della loggia, la fa apparire nel sacro recinto. E' per il tempio che il mistero di Dio diviene presente nel tempo. Questa presenza apre e delimita il recinto del sacro. Ma il tempio ed il suo sacro recinto non stanno sospesi nell'indeterminato. Il tempio, in quanto opera, ordina e raccoglie intorno a sè l'unità di quei percorsi e di quei rapporti nei quali nascita e morte, infelicità e fortuna, vittoria ed umiliazione, resistenza e rovina danno forma e corso al destino dell'uomo. L'imponente ampiezza di questi rapporti aperti è il mondo di un popolo storico. Per essa ed in essa un popolo si ripiega su di sè per compiere la sua missione" (Martin Heidegger).

Abbinare la musica dell'anima agli spazi sacri che hanno alimentato il viaggio dei nostri antenati significa creare interessanti occasioni per gli uomini del nostro tempo per ri-appassionarsi al viaggio dell'anima. Riascoltando le note frenetiche del "Kyrie" di Cantarelli e immaginando di trovarci dentro ad uno di questi spazi, subito ci accorgiamo che certi luoghi hanno effettivamente un enorme potere di rigenerazione di guarigione. L'accelerazione musicale del testo esprime con grande efficacia l'invocazione di guarigione che sale dalla nostra umanità, orfana di speranza e bisognosa di riconciliarsi con se stessa e con il volto paterno di Dio.

Da ultimo, ripensando alle vetrate della cattedrale di Chartres, siamo colpiti da quella luce che vi traspare. Le vetrate non sono vetri colorati, ma altrettante "pietre preziose" che non lasciano passare la luce, ma divengono esse stesse luminose. Nessuna analisi chimica fino ad oggi ha potuto definire il "fenomeno delle vetrate".

Altrettanto la musica, quando l'artista con assoluta dedizione ed umiltà, dà voce all'anima senza mai sostituirsi ad essa, ha la forza, come quelle misteriose vetrate, di suscitare la musica dell'anima. Può bastare, a questo proposito l'ascolto dello stupendo "Magnificat" ambientato in quelle stupende costruzioni di pietra erette per rendere omaggio ed esaltare "Notre Dame", "Nostra Signora", la Madre in unione di Spirito col Verbo, alla quale offrire "bouquet di monumenti", le cattedrali gotiche e in esse "bouquet di colori", le vetrate. E i colori vibrano in armonia e investono "iniziati" alla fede e non iniziati, praticanti e non.

L'armonia è il risultato dell'operazione artistica. Luce, colori, musica per far vibrare le pietre e soprattutto per far vibrare i cuori. E come nei secoli medievali l'edificio sacro svolge un ruolo, quello di mettere l'uomo sulla verticale, in piedi, nella sua fierezza di essere uomo che non esclude l'umiltà dinanzi al mondo divino, così in questo nostro tempo si attendono aiuti non per curvarsi ulteriormente in un'esistenza abulica e mediocre, ma per rimettere in piedi la nostra umanità in unione con il Mistero che la abita.

La musica di Cantarelli sembra sgorgare naturalmente dall'ispirazione del suo autore per far vibrare gli stipiti del tempio, secondo l'efficace espressione biblica. La musica ha il potere di far vibrare le pietre del tempio, riportando il luogo sacro alla sua originaria vocazione che era quella di risvegliare l'uomo restituendolo ad un'esistenza abitata dallo Spirito. Studi recenti hanno chiarito che questi luoghi erano spazi di energia spirituale dove i pellegrini, a costo di dover sopportare lungo il viaggio pericoli di ogni genere, sottoposti alle inclemenze del tempo e non sapendo neppure se sarebbero poi ritornati alle loro case, ritrovavano una forza profonda e misteriosa che oggi come allora è un dono di grazia. Si andava e si va in pellegrinaggio con la stessa speranza con cui si va in un luogo di cura. Gli ammalati, i sofferenti accorrono sui luoghi dove le acque, i fanghi usciti dalla Terra, prodotti dalla Terra, sembrano trasmettere e produrre benefici e guarigioni.

Lo spazio sacro diventa cosė una tappa essenziale per il viaggio dell'uomo contemporaneo: un viaggio destinato a smarrirsi nei meandri della post-modernità dove tutto è assoluto e quindi nulla è più l'assoluto. Il dramma del nostro tempo è che il tutto e il nulla si equivalgono. Per questo, rimettersi in viaggio, con l'aiuto di una musica che indica la via dell'anima, può aiutarci a ritrovare noi stessi e il mistero di una Presenza che è presenza di amore e di salvezza.

Monsignor Angelo Busi
(Borgo Val di Taro, 29 Maggio 2005)







"Il Canto della Passione"
(Carpaneto 14 maggio 2005)

Testimonianza di Monsignor Angelo Busi

          Il canto di questa sera ci accompagna in una sorta di 'esplorazione discreta' dei sentimenti e delle emozioni che Cristo ha vissuto nei giorni oscuri della sua Passione e Morte. La Passione di Cristo non è naturalmente uno spettacolo a cui assistere. Ha bisogno piuttosto di una comunità di interpreti senza la quale essa diventerebbe semplice rievocazione drammatica, puro rumore di fondo come tutti i messaggi a cui la civiltà dei suoni e delle immagini ci ha abituati.

          L'identità misteriosa tra la vittima dell'odio degli uomini e l'uomo Gesù, capace di un'amore oltre ogni misura, attrae l'autore, Beppe Cantarelli, in questo affascinante viaggio che ha il potere di coinvolgere tutti coloro che sono disposti a riascoltare il canto di quella Passione, canto di un amore che non ha mai smesso di illuminare le tenebre del mondo.

          Ho ascoltato il "Canto della Passione" nella serata della Domenica delle Palme, all'inizio della Santa Settimana in cui la Chiesa fa memoria della Passione, Morte e Risurrezione del suo Salvatore. Subito mi ha colpito il clima di raccoglimento che si è creato tra i numerosi presenti. I testi e la musica, miracolosamente intrecciati, hanno immediatamente ricreato quell'atmosfera sospesa che ritroviamo nei racconti evangelici: nessuna concessione alla curiosità e all'eccesso, una narrazione volutamente trattenuta e sobria. Così, attraverso questa sospensione, il narratore da una parte partecipa al cammino doloroso di Cristo, dall'altra lo narra quasi con distacco per far emergere l'oggettiva novità di quel soffrire e morire per amore di ogni uomo.

          Il "Canto della Passione" non ci ha lasciato come eravamo. Una storia, quella di Cristo, così conosciuta, rischia talvolta di essere scontata e prevedibile. Invece il lavoro di Cantarelli riesce a 'tirar dentro' ognuno che da 'spettatore' si ritrova ad essere umile discepolo alla scuola dell'Amore di quel Cristo offeso e crocifisso.

          Un Amore, quello che emerge dal racconto biblico, che non ci dà tregua tanto è il desiderio di amare che segna il cammino di Cristo. Non a caso, nel Vangelo di S. Luca, Gesù stesso si dichiara 'ansioso' di essere battezzato con il battesimo che lo attende, tanto che al capitolo 22 leggiamo queste sue parole: "Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione...".

          Gesù fa parte di questo suo desiderio ai suoi discepoli. E' il desiderio della Pasqua, cioè della morte e della resurrezione. Gesù dunque ha talmente desiderato l'ultimo posto che nessuno ha potuto sottrarglielo. Ed è proprio 'dall'ultimo posto' che il canto di questa sera si svolge. Chi partecipa all'ascolto è immediatamente trasportato in quell'ultimo posto della storia a cui Cristo ha voluto restare fedele. Così il pubblico avverte immediatamente che non si tratta di uno spettacolo a cui assistere ma di un mistero da vivere con riconoscente partecipazione.

          Ascoltando il canto di Beppe Cantarelli ci pervade quel medesimo desiderio di Cristo: il desiderio di stare all'ultimo posto, dove abitualmente nessuno vuol stare. Proprio da lì, dall'ultimo posto, avviene la scoperta decisiva: "Altro non ho che questo bene che mi fa vivere"; così recita uno dei brani più intensi ed emozionanti di questa sera.

          Altro non abbiamo che questo Amore che restituisce colore ad un'esistenza opaca e vuota: l'ascolto di questa sera è altra cosa che l'ascolto di un recital sulla Passione di Cristo: è l'invito a toglierci dall'indifferenza che talvolta avvolge l'esperienza stessa della fede. Toglierci dall'indifferenza offrendoci la possibilità inattesa di riscoprire la 'differenza' tra quell'Amore crocifisso e la nostra indifferenziata mediocrità.

          Il dono di questa sera non è altro che la possibilità di rivivere quel desiderio di Cristo: il desiderio di amarci fino alla fine. Un desiderio talvolta incompreso anche da chi, da sempre praticante, non sente più il richiamo di quel desiderio della Pasqua e si sfinisce in una pratica religiosa che ha come smarrito l'anima.

          Il grazie a Beppe Cantarelli e al suo coro non è solo per l'elevata qualità della proposta, mai banale e scontata, ma soprattutto per darci la possibilità, proprio questa sera di vigilia di Pentecoste, di rivivere l'esperienza di essere abitati dal mistero dell'Amore che à soffio di vita, Spirito che non sai da dove viene e dove va. Parole e musica questa sera ci aiuteranno ad entrare nella Pentecoste per accogliere quel soffio che dalla croce Gesù ha emesso per ridarci vita restituendoci speranza.

Monsignor Angelo Busi